martedì 5 febbraio 2013

Sassari

L'origine del nome della città di Sassari è stato per secoli oggetto di disputa e speculazioni accademiche. Fin dalla metà del XII secolo questo nome ricorre in varie forme, fra le quali Thatari, Thatar, Sassaris, Sasser, Sacer, Sacher, Strudel, Pannacotta, Limoncello. Ma il mistero toponomatico non è stato sciolto se non nel 1977, anno in cui è stato rinvenuto un manoscritto in una pieve in provincia di Imperia.
Nell'antico documento si narrava infatti di una disputa medievale tra villaggi in diverse regioni d'Italia: alcuni pugliesi, già emigrati in Liguria, si erano infine trasferiti in Sardegna, esiliati a seguito di faide familiari non risolte. Le faide, si sa, sono dure a morire, e infatti anch'esse si trasferirono oltremare, portandosi dietro gli inevitabili lutti e sofferenze.
Dopo anni di vendette, e grazie infine all'intercessione di papa Gelasio II, si decise di trasformare la faida in una sfida folkloristica, al pari delle contese tra quartieri (palii, giostre e tornei) che già in altre città avevano consentito di annullare il tributo di sangue richiesto dalle vendette familiari. Fu perciò organizzata una grande sfida a Morra Cinese, gioco altrimenti noto come "Carta-Forbice-Sasso", tra gli esponenti delle famiglie coinvolte in Puglia, Liguria e Sardegna.
I liguri divennero imbattibili nelle mosse legate al segno della Carta; dalla loro squadra prese il nome perciò il paese di Cartari (IM). I pugliesi si specializzarono nel segno delle Forbici, dando nome al paese di Forbiciari, mutato poi in Forbiccari e divenuto alfine l'odierno Biccari (FG).
Per i sardi, più avvezzi a combattere con la siccità e la scarsità di vegetazione, fu invece quasi automatica la specializzazione nella mossa del Sasso. Dalla squadra dei "sassàri" prese perciò il nome anche la città di Sassari. Ed è con questo nome che è conosciuta ancora oggi.

(nella foto: la sassarere più famosa al mondo, Elisabetta Canalis, mentre vince a Morra Cinese giocando il sasso, la mossa tipica della sua terra)

giovedì 17 gennaio 2013

Gemellaggi Fantastici - Decimomannu e Vetulonia

Negli ultimi vent'anni ha preso piede in tutta Europa la consuetudine di gemellare quartieri, paesi e città con analoghi soggetti esteri, nell'ottica di favorire lo scambio culturale. Che questa pratica sia stata utile o meno, non sta a noi giudicarlo. Ci piace però ricordare come questi gemellaggi nascano sovente a partire da caratteristiche comuni alle due parti in causa.

L'esempio che riferiamo oggi è quello dei due paesi di Decimomannu (CA) e Vetulonia (GR).

Il primo, di cui proprio oggi 17 gennaio ricorre la festa del santo patrono, Sant'Antonio, è di origine romana e ospita una base della NATO. Il secondo, di origine etrusca, si fonda su un'economia rurale, con le sue coltivazioni di ulivi e di viti, e presenta almeno due attrazioni folkloristiche di un certo spessore, quali il campionato di "Palla eh!" e il tradizionale "Palio dei ciuchi".
La caratteristica che accomuna però queste due terre, altrimenti così difformi, è il fatto che entrambi i paesi hanno tutte e cinque le vocali ripetute una sola volta.

I frutti del gemellaggio non hanno tardato a farsi sentire: presso la base NATO di Decimomannu è stata inaugurata perciò una nuova fusoliera, a Vetulonia invece il Comune ha realizzato dieci nuove aiuole, ciascuna delle quali con al centro una sequoia.
Anche l'ordine pubblico ha risentito del gemellaggio: sebbene sia a Decimomannu che spesso viene esiliato sotto copertura qualche pregiudicato, è a Vetulonia che non manca mai un tafferuglio tra qualche ubriacone o disturbatore.
Visti i buoni esiti del gemellaggio, i due paesi stanno pensando di estenderlo anche al paese di Torrepaduli (LE). Fallito invece quello con Quattroventi, paese immaginario del mondo dei Pokémon.

(nella foto: c'è gemellaggio anche in senso funerario. Le lapidi mortuarie, infatti, sono diffuse sia a Decimomannu che a Vetulonia. E gli abitanti di entrambi i paesi prima o poi moriranno.)

giovedì 3 gennaio 2013

Sudan (e Sud Sudan)

Se si guarda ad una mappa politica del continente africano, è facile capire come molti confini siano stati tracciati in passato 'a tavolino', in una spartizione dei territori e delle risorse da parte delle potenze coloniali europee. Lo stesso metodo fu utilizzato per i nomi dei possedimenti, cercando di individuare nei paesi o nelle persone caratteristiche e tratti che permettessero di distinguerli. La zona dell'africa subsahariana, dove la pelle degli abitanti era decisamente più nera rispetto alle popolazioni affacciate sul mediterraneo, fu chiamata ad esempio Niger. Anche l'Angola ed il Togo furono etichettati in seguito a decisioni simili, come vedremo forse in seguito. E così il Sudan, il cui nome è dovuto niente di meno che al famosissimo esploratore scozzese David Livingstone.
Nella sua prima spedizione alla scoperta delle sorgenti del Nilo Livingstone, terminato il tratto navigabile del fiume, decise di ricorrere (il diario annota una località nei pressi dell'attuale Dongola) all'utilizzo - allora consueto - di portatori locali, per trasportare le numerose e ingombranti vivande e suppellettili. Presto, con l'inizio della salita verso il tratto alto del fiume, si accorse di come questi portatori sudassero copiosamente, diversamente da quanto succedeva per lui e per i suoi compagni europei, le cui schiene erano in realtà libere da qualsiasi fardello ed equipaggiamento. Ritenendo questa caratteristica, ovverso una sudorazione eccessiva, una peculiarità della popolazione locale, decise di chiamare quel territorio, appunto "Sùdano", anglicizzato in "Sudan".
Spingendosi oltre, e salendo con un certo affanno le ultime ripidissime pendici che avrebbero condotto alla sorgente del grande fiume africano, notò che i nuovi portatori - che avevano preso il posto dei precedenti, stremati dall'impegno - avevano una sudorazione ancora maggiore. Fu per questo che il territorio fu chiamato "Sud Sudan": come a dire "Sudano davvero molto".
Ed è così che queste terre vengono chiamate ancora oggi.

(nella foto: in effetti non sudan, anche se deve fare parecchio caldo)