lunedì 24 settembre 2012

Massa


Una delle mode toponomastiche più diffuse nei secoli scorsi era quella di battezzare le località con il cognome di illustri personaggi ivi nati o cresciuti. Oltre al tributo di gloria che tale battesimo comportava, gli amministratori contavano di dare nuovo lustro a paesi altrimenti poco conosciuti, rendendone il nome immediatamente più familiare al popolino ignorante che da allora non avrebbe più potuto fare a meno di riconoscere il luogo per i suoi illustri natali.
Se oggi riconosciamo come familiari i nomi di borghi come Castelvecchio Pascoli, Castagneto Carducci, Terranuova Bracciolini, Torre del Lago Puccini è proprio in virtù del nuovo battesimo che subirono allora.
Questa moda, diffusa soprattutto in Toscana, attecchì raramente in città più grandi, che di illustri natali, e di motivi per essere ricordate, ne avevano fin troppi.
Eccezion fatta per una città al confine tra Toscana e Liguria, troppo ligure per essere toscana e troppo toscana per essere ligure. Una città senza eventi e personaggi significativi, e conosciuta soprattutto per le vicine cave di marmo, che però davano lustro soprattutto alla vicina Carrara.
In un giorno d'estate di inizio secolo, infatti, complice un furioso temporale che si abbatté su Forte dei Marmi, molti bagnanti si rifugiarono per le vie della città in cerca di bellezze artistiche che, ahimè, furono comunque loro negate.
Tra questi c'era anche il noto pilota di Formula Uno, Felipe Massa, che subito fu riconosciuto dai fan e la cui presenza fu osannata e sbandierata da tutta la popolazione. Era senza dubbio l'evento più prestigioso che fosse mai avvenuto in tutta la storia della poco ridente cittadina; per questa ragione il sindaco emise in tutta fretta un decreto che ribattezzava seduta stante la città con il cognome del suo più illustre visitatore: Massa.
Ed è così che la città viene chiamata ancora oggi.

(nella foto: il Duomo di Massa Marittima (GR), che in effetti non c'entra nulla, ma del resto a Massa non c'è davvero niente da vedere)

giovedì 20 settembre 2012

Toronto

I nomi di persona nati da refusi, ignoranza o da difficoltà di apprendimento degli addetti dell'anagrafe sono numerosi (prendiamo ad esempio il caso di Condoleeza Rice, che nell'intento del padre doveva chiamarsi - sarebbe stato meglio o peggio? - "Con Dolcezza"). I nomi di città dovuti a casi analoghi sono meno frequenti: ma ogni tanto capita, come è capitato a Toronto.
Non tutti sono a conoscenza che la città canadese è stata fondata a metà del XVIII secolo da un immigrato italiano, che decise di ricreare - come sovente capita ai coloni - la propria città natale nel nuovo mondo. Partendo dal nome.
Ora, essendo l'uomo a capo di questa impresa coloniale originario di Taranto, la prima cosa che fece fu di recarsi dal tipografo - imbarcatosi anch'esso per il nuovo mondo - per comporre il cartello all'ingresso della nuova cittadina: "New Taranto". Ma il tipografo si accorse che il carattere mobile della lettera A era andato perduto nel viaggio, così pensò di ovviare utilizzando al suo posto la O. Il risultato fu il cartello che fu appeso - non senza una grande festa - la mattina del 16 maggio 1657: "New Toronto". Il tipografo sapeva che non avrebbe avuto lamentele, poiché tutti gli altri membri della colonia erano, di fatto, analfabeti.
Il nome mutò nuovamente, assumendo la forma definitiva, quando una generazione successiva di coloni, questa parzialmente scolarizzata, iniziò a farsi domande su dove si trovasse in italia la "vecchia Toronto", ossia quella originale. Non ritrovando questa località da nessuna parte, si preferì lasciar cadere nel dimenticatoio il prefisso "New", e la città fu consegnata alla storia come semplicemente "Toronto". E così è conosciuta ancora oggi.

(nella foto: lo stabilimento Ilva di Toronto)

giovedì 13 settembre 2012

Benin, Mali e Costa d'Avorio

La colonia dell'Africa Occidentale Francese, fondata nel 1865, aveva tra i suoi scopi, oltre a quelli commerciali ed economici, anche quelli di mappatura delle zone inesplorate del Continente Nero. Si trattava di territori impervi, ancora abitati e dominati da monarchie tribali, e che spesso presentavano natura e costumi ostili per il colonizzatore europeo.
Verso gli anni 90 del XIX secolo la Francia si gettò senza remore nella corsa colonialistica, con l'obiettivo di surclassare le altre nazioni europee; la sua politica aggressiva provocò così l'annessione di molteplici territori africani, ancorché ostili o parzialmente inesplorati. L'opinione pubblica non vide molto di buon occhio questa politica di annessione selvaggia, perché in tal modo il turismo nelle nazioni assimilate era esposto a numerosi rischi non calcolati.
E' proprio in questo periodo che si diffonde la tradizionale iconografia dell'esploratore cucinato in pentola dai selvaggi, nata come propaganda anti-imperialista sui quotidiani avversi al governo. Il suo significato è chiaro: le nuove nazioni non sono sicure, i cittadini francesi non trovano nelle popolazioni coloniali dei fratelli, ma un pericolo mortale.
Il governo francese Freycinet, appena insediatosi nel 1890 dopo la caduta del governo precedente a causa dello Scandalo di Panama (il primo ministro uscente Carnot si era fatto fotografare in Corsica con un cappello bianco dal gusto così orribile da risultare offensivo per diverse minoranze), incaricò l'Académie Française di stilare una classifica della vivibilità delle colonie africane. Gli incaricati visitarono tali zone e nell'arco di pochi anni furono in grado di esprimere un giudizio di merito su tutte le nazioni in oggetto (giudizio che andava da "male" fino a "ottimo"). Tutti questi giudizi furono riportati su una gigantesca mappa dell'Africa (la cosiddetta "Mappa dei Viaggi") che ancora oggi è esposta nell'aula magna dell'Académie.
In particolare, in corrispondenza dei territori del Dahomey, integrati nel 1892 e caratterizzati da territorio semi-desertico e accesso al mare limitato, fu espresso il giudizio "Benino".
Sorte peggiore toccò ai territori dell'Impero Songhai, che furono integrati dopo lunghe polemiche nel 1895 in quanto caratterizzati da lande desertiche, poche risorse e nessun accesso al mare. Il giudizio per questi territori fu tranciante: "Male".
La nazione che invece ottenne il miglior riconoscimento fu quella dei territori Mandé, che già da tempo erano stati assimiliati dall'Africa Occidentale Francese: la ricchezza di risorse e la buona disposizione dei nativi fruttarono ai territori il giudizio di "Ottimo".
La Mappa dei Viaggi ottenne un successo senza precedenti, tanto che l'uso comune iniziò a chiamare alcuni degli stati direttamente con la parola che ne indicava il giudizio (i nomi africani sono infatti difficilmente memorizzabili per la popolazione francese, notoriamente refrattaria alle contaminazioni linguistiche).
Nacquero così il Benin, il Mali e l'Ottimia. I primi due hanno mantenuto questo nome, mentre l'Ottimia fu ribattezzata Costa d'Avorio nel 1924 a seguito del naufragio sulle sue coste dell'omonima nave da crociera. Ed è con questo nome che è conosciuta ancora oggi.

(nel riquadro: illustrazione tratta da "La Domenica del Corriere" del 6 aprile 1924, con il naufragio della Costa d'Avorio)

giovedì 6 settembre 2012

Lima

L'affollamento delle prigioni non è un problema recente, ed ogni epoca ha proposto di fatto le sue soluzioni. Dal XVI al XVIII secolo una pratica non inconsueta era quella di proporre ai galeotti un'allettante alternativa alla galera, ossia una vita da uomini liberi in territori sperduti oltre oceano. Era una soluzione vantaggiosa per tutti: le celle si svuotavano e se malauguratamente le navi con le stive piene di delinquenti andavano a fondo, che ci vuoi fare, era stata una libera scelta. Così furono fondati ad esempio molti villaggi in Australia.
Sempre dalle carceri nasce la storia della fondazione, e del nome, di Lima, capitale del Perù. Correva l'anno 1684 quando dalle galere di Salamanca fuggì Marcelo Gonzalo, poche notti prima della data fissata per la sua fucilazione (sarebbe stata di fatto una delle prime condanne a morte per fucilazione). Lo strategemma utilizzato non era ancora entrato nell'immaginario popolare: Marcelo evase segando le sbarre della sua cella utilizzando una piccola lima da fabbro, e tanta pazienza. Riuscì ad imbarcarsi su un mercantile diretto verso l'Argentina, ma dopo alcune settimane di navigazione fu riconosciuto da un ufficiale spagnolo salito a bordo nel frattempo, e di nuovo imprigionato nella stiva. Ma sempre assieme alla sua lima, con cui riuscì nuovamente a fuggire. Si imbarcò nuovamente, ma il nuovo galeone fece naufragio al largo della costa occidentale latinoamericana.
Qualche santo stava evidentemente proteggendo Marcelo Gonzalo, che riuscì ancora una volta a salvarsi fortunosamente, approdando sulla costa desertica dell'attuale Perù. Nella tasca aveva ancora la sua fedele lima, che sotterrò nella spiaggia, e che volle onorare dando il nome alla colonia che fondò, appunto Lima. E così la capitale peruviana è chiamata ancora oggi.

(nella foto: la cattedrale di Lima. Si noti la ferrovia di fronte alla cattedrale: è un trenino Lima in scala 1:1)

lunedì 3 settembre 2012

Romania

Il rimescolamento di culture e fedi che si creò a seguto del fenomeno conosciuto come monachesimo lasciò segni indelebili anche sulla geografia e sulla toponomastica, e la Romania è uno di questi segni.
In molti avranno studiato come Cirillo e Metodio evangelizzarono l'est europa e la Russia, creando per l'occasione anche un nuovo alfabeto (appunto, il cirillico) con lettere più adatte a riportare fedelmente in forma scritta il parlato di quelle popolazione slave ed ugrofinniche.
Possiamo solo ipotizzare, probabilmente però non discostandoci molto dalla realtà dei fatti, che questa trovata si originò nella mente di San Cirillo in seguito ad una piccola disavventura linguistica occorsa loro nei pressi di Bucarest, e più precisamente sulle coste del Mar Nero, il cui paesaggio ricordò a Metodio la sua terra natale: Cesenatico e le spiagge della Romagna.
Fu per questo che - una volta proceduto all'evangelizzazione di alcune comunità locali - volle lasciare traccia del suo passaggio come un novello (ma ben più umile) Alessandro Magno, chiamando quella terra come la sua terra natale. Appunto, Romagna. Tuttavia la "gn" era fonema difficile da masticare e pronunciare per gli abitanti del luogo, e fu per questo che si accontentò, prima di lasciare quei nuovi fedeli, diretto ad est, di sentirla da loro chiamare "Romania". E così quella terra è chiamata ancor oggi.

(nella foto: i "Bagni Danubio" di Bucarest, gemellati con il "Delfino Blu" di Cesenatico)