lunedì 15 ottobre 2012

Campobasso

Nell'anno 878 il re longobardo Adelchi decise di imporre il suo dominio sulla Contea dominata dalla famiglia De Molisio. Stabilì quindi di fondare la sua capitale nel territorio strategico tra i fiumi Biferno e Fortore.
Adelchi si era fermato perciò nella vicina Benevento mentre i suoi esploratori sondavano la zona alla ricerca del luogo più adatto per l'insediamento. Gli esploratori, giunti alle spalle della foresta Matese, trovarono un luogo che reputarono adatto e subito tentarono di contattare Adelchi per avere la sua approvazione. Purtroppo per ben diciotto volte la comunicazione fu interrotta perché i loro telefonini non prendevano.
Alla fine, spostatisi verso Isernia, gli esploratori riuscirono a trovare un posto con campo sufficiente perché la comunicazione con Adelchi non si interrompesse. La trascrizione della telefonata con la quale il re approvava l'insediamento è stata tramandata negli annali: "Si fondi dunque una città là dove il campo è basso".
E ancora oggi, nella città di Campobasso, prende a fatica Tim.

(nella foto: dall'antica torre in rovina della città vecchia ancora oggi si inviano segnali di fumo e piccioni viaggiatori)

giovedì 11 ottobre 2012

Terni

Nel 290 a.C., il console romano Manio Curio Dentato pose fine alle Guerre Sannitiche e fu acclamato dai romani come eroe. La cosa curiosa sono però le modalità con cui tale vittoria fu conseguita.
Avvenne infatti che Dentato, appena eletto console e avendo ricevuto l'indennità relativa alla carica da lui ricoperta, si trovò tra le mani una tale quantità di denaro che mai si sarebbe aspettato di poter possedere, neppure in una vita intera. Era infatti di origine plebea.
Stordito e forse intimorito dall'inaspettata ricchezza che gli era piovuta addosso, decise di spendere quei soldi come era solito fare tutte le settimane, giocando cioè la sua consueta schaedula (schedina).
Fu perciò così che Dentato e i suoi due amici Caio Lucio Segeptato e Tito Calpurnio Liscio giocarono un terno secco da 20.000 sesterzi sulla Rota Neapolis (Ruota di Napoli, città che era in territorio sannita).
Inutile dire che la Dea Fortuna fu dalla loro: vinsero, come ancora oggi accade per i terni secchi, 4.500 volte la posta, una cifra talmente imponente da mandare in bancarotta le casse dell'intera nazione sannita. Vista l'impossibilità pratica di riscuotere la vincita, i Sanniti furono costretti ad arrendersi a Roma in modo che fosse quest'ultima a dover ripagare il debito verso Dentato e i suoi amici.
La vincita in denaro fu poi tramutata in dodici lotti territoriali nei pressi di Narnia (l'attuale Narni), che il console Dentato, a proprio beneficio, rese subito terreno edificabile.
La nascita quindi di un insediamento sul Terni Lottum (lotto del terno) diede il nome sia al gioco, che da allora non si chiama più Rota Neapolis, ma semplicemente Lotto, sia alla città di Terni, che ancora oggi mantiene questo nome.

(nell'illustrazione: "Manio Curio Dentato mentre festeggia la sua vittoria al Lotto", affresco del Duomo di Terni, dedicato al Padreterno, protettore della città e del Lotto)

venerdì 5 ottobre 2012

Paraguay

E' facile ignorare e dimenticare le guerre lontane, che pure essendo lontane dalla nostra terra non per questo sono meno sanguinose. Non tutti sanno così che anche il sudamerica fu più volte segnato da guerre tra nazioni. Da una di queste crisi internazionali nasce la storia del Paraguay.
Nel 1842 sorse una disputa territoriale tra Brasile e Cile, riguardo alla sovranità su alcune miniere di alluminio nei pressi di Fuerte Olimpo, al tempo piuttosto preziose per il rapido diffondersi dei primi alimenti conservati "in scatola". La disputa sarebbe probabilmente sfociata in una guerra, se non fosse stato per la felice soluzione escogitata da Manuel Blanco Encalada, diplomatico cileno fresco di studi condotti in Europa.
La proposta fu la creazione di un cosiddetto "stato cuscinetto", che comprendesse le zone delle miniere e i territori limitrofi, governato da un parlamento composto dalla popolazione locale, e sotto un protettorato rappresentato da un consiglio formato in egual misura da rappresentanti dei governi brasiliano e cileno. Questo avrebbe garantito accesso alle miniere ad entrambi i paesi, con modalità condivise. Il nome fu la diretta conseguenza della sua funzione. Essendo nato per proteggere le popolazioni da un conflitto, e dai problemi che ne sarebbero derivati, fu chiamato "Para guai" e quindi "Paraguay".
Fu così che il 17 maggio del 1843 fu suggellata la nascita del nuovo stato. Non più di venti anni più tardi, nel 1863, esauritesi le miniere di alluminio che avevano portato alla sua creazione, fu un passo ovvio chiedere ed ottenere l'indipendenza per il Paraguay, che continua però ad essere chiamato così ancora oggi.

(nella foto: il Paraguay ha anche una tifoseria molto accanita e organizzata. In realtà del Paraguay interessa poco a tutti, perciò abbiamo scelto di attirare l'attenzione su questo pezzo con un bieco espediente di marketing: calcio & tette)

lunedì 1 ottobre 2012

Domodossola

E' piuttosto nota la vicenda dell'Uomo del Similaun, il nome dato al corpo del cacciatore preistorico ritrovato pochi anni fa in uno stato di conservazione inaspettatamente buono, al confine tra Italia e Austria. Sono invece meno noti - grazie a una volontà generale di far dimenticare gli accadimenti - i fatti legati a un ritrovamento analogo avvenuto nelle montagne piemontesi, diversi decenni prima.
Nel luglio del 1908 fece scalpore infatti la scoperta dell'antropologo Giampietro Zambelloni, che affermò di avere rinvenuto in uno stretto crepaccio lo scheletro di quello che, successivamente, sembrò essere addirittura l'anello mancante nell'evoluzione dei primati verso l'homo sapiens. La notizia ebbe immediato risalto nella comunità scientifica internazionale, cosa che fece della valle una meta di pellegrinaggio. I pastori e gli agricoltori della zona, esasperati da quell'attenzione e dalle continue richieste di informazioni, posero alcune segnalazioni minimali per indicare il crepaccio. "Uomo d'osso: là". I numerosi cartelli diedero il nome anche al nucleo di case vicine, che venne appunto chiamato "Uomodossolà".
Se il ritrovamento destò clamore, questo non fu nulla se paragonato alle rivelazioni di un contadino locale, che circa un decennio dopo confessò ai giornalisti di una testata scientifica (probabilmente dietro un generoso contributo, poiché il contadino non fu più visto in valle negli anni successivi) di avere collaborato personalmente con il professor Zambelloni, per nascondere in quel crepaccio alcuni resti trafugati dal cimitero, mescolati ad altre ossa di tasso o daino. Si era insomma trattato di una truffa colossale, escogitata dallo stesso Zambelloni, che fu immediatamente radiato dalla Società Antropologica Nazionale.
Ma il danno toponomastico era stato fatto, e il comune aveva ormai preso il nome di "Uomodossolà". L'occasione per riparare arrivò qualche anno dopo, quando - a seguito della riforma della scuola del 1923, e soprattutto dell'avvento del fascismo - la scuola prese un indirizzo autarchico e nazionalista. Fino a quel momento gli abbecedari in dotazione contenevano infatti parole e nomi di luoghi provenienti da paesi stranieri (B come Bombay, C come Chicago... gli alunni apprendevano quindi contemporaneamente nozioni di italiano e di geografia), la riforma portò a sostituire appunto questi nomi di località con altri presi dal territorio italiano. Bombay divenne quindi Bari, Chicago fu sostituita da Cagliari...  Ma la D di Detroit fu fonte di problemi non piccoli, poiché nessuna città italiana cominciava effettivamente con D.
Le possibilità prese in esame dal Gran Consiglio del Fascismo furono due. La prima prevedeva di invadere e annettere la città francese di Digione: ma questo avrebbe significato attaccare anche la Svizzera neutrale, e questo fu ritenuto improponibile. Così fu adottata la seconda soluzione: fu promulgato un bando aperto a tutti i comuni d'Italia, che proponeva di cambiare la lettera iniziale del nome del comune con l'anelata D. Il Comune di Uomodossolà non aspettava altro, e presentò immediatamente la sua domanda. L'unico altro concorrente in gara fu niente di meno che il Comune di Roma (che per statuto, avrebbe dovuto partecipare a tutti i bandi promulgati). Ma poiché questo avrebbe significato cambiare il nome da Roma in "Doma", e non sembrò che la capitale del futuro impero fosse doma, fu accettata la domanda di Uomodossolà, che ebbe così il nome mutato in Domodossola. La caduta dell'accento finale segnò il completamento della purificazione toponomastica.
Ed è per questo che si dice ancora oggi "D come Domodossola", e che la città è conosciuta con questo nome.

(nelle due foto: il centro di Domodossola, che come sappiamo dai cruciverba è "dos")