lunedì 12 novembre 2012

Città del Capo

Agli inizi del XIX secolo il magnate olandese Issak Van Der Vander si recò in Sudafrica per ispezionare la sua fabbrica di cioccolatini al liquore. Per raggiungere lo stabilimento attraverso la vastissima tenuta di sua proprietà, Van Der Vander decise di utilizzare la sua nuova automobile, vero e proprio status symbol dell'aristocrazia di inizio secolo.
Purtroppo la strada impervia causò la foratura di una gomma, con grande sgomento di Thomas De Spar, il suo chauffeur. L'automobile era infatti una delle prime a montare pneumatici gonfiabili (come quelli moderni), mentre i primi modelli avevano avuto sempre ruote in gomma "piena", e il povero autista non aveva idea di come ripararli.
De Spar andò in cerca di aiuto per riparare la macchina del capo ma, sebbene gli abitanti della zona fossero boeri (e quindi di origine olandese) la comunicazione fu molto difficile, perché la lingua da essi parlata era molto diversa da quella della madrepatria. De Spaar espresse il suo problema con un mix tra linguaggio verbale, paraverbale e gestuale. Il semplice concetto che voleva esprimere, "la macchina del capo ha un buco nella gomma", fu inteso perciò dagli indigeni come un più oscuro "la brum del m ha un pss nella m".
I boeri intesero alla fine che la volontà di Van Der Vander fosse quella di dare il nome alla strada, chiamandola Macchina del Capo.
Inutili furono i tentativi di far comprendere l'equivoco: la tradizione dei boeri implica infatti che dando il nome a un elemento territoriale, si può vincere automaticamente la possibilità di dare il nome a un altro elemento, e così via a catena. Così fu nel caso di Van Der Vander, che fu costretto a battezzare la regione circostante come Penisola del Capo e, a catena, l'insediamento lì vicino come Città del Capo.
Ed è proprio con questo nome che la capitale del Sudafrica è conosciuta ancora oggi.

(nella foto: la fabbrica di Van Der Vander produce ancora oggi cioccolatini secondo la tradizione boera)

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